>> I Tempi dei cielo <<
(3^ puntata)
(3^ puntata)
«Che tempo fa». Ricordate quei
dieci minuti prima del Tg1 delle 20 della sera? Compariva nella sigla il
barometro. Poi la testa pelata del famoso colonnello Bernacca, ufficiale
dell’Aeronautica militare italiana, l’unica che all’epoca faceva le previsioni
meteorologiche. Era una faccia familiare di questo quasi nonnetto che
rassicurava le famiglie a tavola con modi garbati dicendoci: «le Alte pressioni
favoriranno bel tempo su tutta la nostra penisola», parlandoci poi del famoso
Anticiclone delle Azzorre, ma anche dei «venti moderati» e dei «mari col moto
ondoso in aumento», concludendo poi alle «temperature in lieve aumento sul Nord
Italia».
Si è arrivati poi ad altri
conduttori di quella trasmissione che, nel frattempo, si è moltiplicata
facendosi spazio anche in altri canali televisivi, con volti degli addetti ai
lavori non più solo dell’Aeronautica militare italiana, ma dei baldi giovani
ormai diventati famose “star del cielo” che spopolano ovunque.
La meteorologia è dunque
diventata una mania, una nuova ossessione. Oltre che in tv anche su internet,
via sms sul telefonino e nei giornali. Tutti sono interessati alle previsioni
del tempo. Per sapere come sarà domani, bello, brutto, pioverà, nevicherà? Chi
lo saprà mai? Sono loro, i nuovi guru televisivi tanto attesi con le loro
particolari news: i meterologi. Le previsioni del tempo condizionano i nostri
spostamenti, soprattutto nei fine settimana. Per cui se domenica pioverà me ne
starò a casa davanti al camino a leggere un buon libro. Se invece ci sarà il
sole andrò a sciare, oppure a fare un pic nic o una escursione. Se poi le
previsioni che danno alla tv oppure quelle che ho letto sul quotidiano o su
internet non c’azzeccano e mi rovinano il mio pranzo nei prati o un
bell’acquazzone me la prenderò proprio con la meteo televisiva per la non
affidabilità.
Pensate che si contano «un
milione e 700 mila contatti giornalieri sulle news di Sky Meteo 24. Quattro
milioni e 800 mila i visitatori dei siti internet (dati Nielsen) in un mese» (1). L’interesse per il tempo che fa dimostra che non è proprio diminuito, anzi
aumenta diventando per qualcuno proprio una vera mania.
Chi starà inchiodato nel fine
settimana alla scrivania del suo ufficio sognando le vacanze vuol sapere
comunque che tempo farà; così come lo vuole sapere colui che vuole andare a
sciare a Cortina d’Ampezzo se dovrà mettere le catene all’automobile, oppure colei
che vuol tuffarsi nel mar ligure e vuole sapere se saranno previste mareggiate.
E’ un sapere trasversale quello della meterologia che è stata resa dagli
scienziati semplice ed alla portata di tutti.
Ma perché tutta questa attenzione
alle previsioni meteo? Forse perché, da una parte, c’è paura di non saper
dominare gli eventi del cielo: oggigiorno siamo infatti in una logica dove
l’uomo, con le moderne e sofisticate tecnologie, può dominare tutto …vuoi non
dominare anche gli eventi atmosferici? Giammai! Ma forse anche per paura di
grandi cataclismi, dei tornado, cicloni, tsunami che potrebbero sconvolgere e
distruggere tutto il mondo e ciò che l’uomo, con fatica, ha costruito. Oggi
infatti le previsioni meteo sono talmente precise ed azzeccate che possono prevenire
i disastri ambientali, si può dare l’allarme prima che avvenga l’alluvione, il
disastro, perché gli scienziati della meterologia la possono prevedere.
Però non dimentichiamo che
l’uomo, di fondo, ha paura, per cui «Previsioni disastrose, pessimistiche
mettono in movimento una grammatica apocalittica che preannuncia “eventi
biblici” (tra l’altro non si capisce perché gli eventi biblici, che sono eventi
umani, devono essere tutti disastrosi, epocali…). C’è sempre un’apocalisse
meterologica incombente, così le nostre paure del domani si concentrano ancora
una volta sul tempo: non più la fine del tempo – questo ormai è divenuto un aeternum continuum – ma il “che tempo
fa?” è divenuto l’oggetto delle nostre paure» (2).
Intervista
ad un meterologo della tv
Luca Mercalli, torinese, è meterologo e
climatologo italiano, presidente della Società Meterologica Italiana e membro
di ASPO Italia.
Ha
fondato e dirige anche la rivista Nimbus, collabora con La Repubblica e con altre
varie riviste di montagna come Alp, L’Alpe, La Rivista della Montagna.
Numerosissime sono le sue conferenze in giro per l’Italia ma anche all’estero,
nonché collaborazioni ed incarichi di docenza in climatologia e glaciologia
all’Università, ma anche corsi di specializzazione e formazione professionale.
Al suo attivo annovera anche ben quattro libri.
Ma
la sua notorietà è dovuta soprattutto alla sua partecipazione al programma
televisivo della Rai “Che tempo che fa” condotto da Fabio Fazio: in quei pochi
minuti Mercalli compare sempre in maniche di camicia, con il suo ormai
inconfondibile papillon al collo ed una spigliata dote comunicativa che rendono
facilmente capibili e appetibili ai telespettatori le previsioni
meteorologiche.
Lo
abbiamo incontrato all’interno del Parco Nazionale del Gran Paradiso dove si è
concesso una breve escursione prima di affrontare il pubblico in una conferenza
sul clima e la montagna.
Mercalli che cos’è il Tempo per lei?
«Non
ne ho mai abbastanza di Tempo»
E l’orologio lo porta?
«No,
mi basta quello del telefonino»
Come vive allora la dimensione del Tempo?
«Come
una persona con molte occupazioni, con molti interessi. Di Tempo quindi non ne
ho mai abbastanza. Vorrei che le giornate fossero più lunghe. Ho sempre più
impegni di quanti ne riesca a smaltire. E ne rifiuto anche tantissimi»
Si sente stressato? Stanco?
«Non
so che cosa si voglia dire con il termine stressato, lo dovrebbe chiedere ad un
medico. La stanchezza è un fatto opinabile: per esempio adesso sono stanco
perché sono andato a fare una escursione in montagna. Sono delle stanchezze
diverse…»
Perché ha scelto di fare il metereologo?
«Mi
interessava questo mestiere, perché mi interessa lo studio dell’atmosfera.
Esattamente come se la stessa domanda fosse posta ad un medico o ad un
meccanico»
Non vi sentite un po’ pressati dalle
persone che vogliono previsioni metereologiche sempre più precise, quasi come
fosse una ossessione sapere che tempo farà nelle prossime ore o in futuro?
«No,
direi di no, sarebbe come chiedere ad un medico se gli da fastidio l’arrivo dei
malati. E’ un mestiere. Il mestiere del metereologo non esisterebbe se non ci
fosse un utente. E quindi è giusto che sia così»
Ma secondo lei esiste una sorta di
“meteomania”?
«No,
ritengo semplicemente che c’è un giusto interesse per un prodotto che oggi
funziona. Le previsioni del Tempo oggi funzionano. Quindi, nella vita di ogni
giorno, la gente si informa ed è giusto che sia così»
La gente si informa sul Tempo che farà nel
fine settimana o perchè deve andare a sciare piuttosto che divertirsi altrove…
«Non
solo! Anche per motivi professionali, non c’è solo il divertimento. Quella che
lei dice è forse la parte che siamo più abituati a vedere dell’informazione di
massa: vedere la meteo per il week-end. Ma ogni giorno ci sono anche altri milioni
di operatori professionali che hanno bisogno delle previsioni meteorologiche
per motivi di lavoro: dalla produzione di energia idroelettrica
all’agricoltura, alla Protezione Civile…»
C’è un po’ di differenza tra quelle che
erano le previsioni del Tempo meteorologico all’epoca del famosissimo
colonnello Edmondo Bernacca in tv e quelle di oggi, dove addirittura si
costruisce attorno alla meteorologia un programma come “Che Tempo che fa” dove
lei illustra le previsioni meteo?
«Dire
che la televisione da sempre, in passato, è stata l’unico mezzo per fare
arrivare rapidamente le informazioni. Oggi gli si affiancato un mezzo ancora
più potente e versatile che è internet. E’ chiaro però che internet lo vedono
circa il 20% in Italia e l’altro 80% continua ad avere la televisione come
riferimento. Però la televisione per sua natura è superficiale. Mentre in
internet possiamo fare previsioni molto
dettagliate anche per una piccola località.
Il
mezzo televisivo, invece, nei suoi tempi brevi – ecco qui sì che c’è il
rapporto con il Tempo – segue logiche purtroppo diverse: nessuno ci vieterebbe
di parlare anche un quarto d’ora delle previsioni del Tempo, ma forse si
preferisce parlare di altre cose. Dunque, quando si hanno a disposizione solo
tre o quattro minuti, le previsioni sono generiche. D'altronde è ovvio che, in
un paese come l’Italia che va dalle Alpi alla Sicilia, si diano poche parole di
previsione: non si potrebbe fare neanche l’elenco di tutte le vallate in tv,
bisogna fare un po’ una mediazione. Oggi la previsione meteo rispetto al
passato ha un vantaggio cioè è aumentata l’affidabilità: qualsiasi sia il mezzo
con cui la si diffonde, le previsioni di oggi rispetto a quelle di un tempo
funzionano. Quella di Bernacca, non per colpa sua ma perché a quei tempi le
possibilità tecnologiche erano quelle che erano, era una previsione un po’
naif»
Il fatto che si costruisca una sorta di
talk-show sulla meteorologia come potrebbe essere quello di cui lei fa parte o
altri, ha senso per il Tempo meteorologico?
«Ma
se lei ha visto il programma negli ultimi anni sa bene che non è un talk-show
sulla meteorologia, ha solo il titolo di richiamo ad essa. Di meteorologia ci
sono, se va bene, due minuti su novanta»
Due minuti sono però pochi…
«Sì
perché, ripeto, non è un programma di meteorologia ma di attualità. Si è
giocato sul titolo “Che Tempo che fa” vale a dire il Tempo meteorologico ma
anche il Tempo dell’attualità, della vita quotidiana, della cultura»
I Tempi immediati per avere subito una
previsione meteo affidabile sono legati alle nuove sofisticate tecnologie, ai
nuovi macchinari?
«Sicuramente
sì. Soprattutto con i supercomputer, cioè macchine da migliaia di miliardi di
operazioni al secondo! E’ in questo senso che il rapporto tra meteorologia e il
fattore Tempo è importante: se non ci fossero queste macchine di calcolo così
potenti ed un sistema di comunicazione estremamente rapido, purtroppo le
previsioni non arriverebbero in Tempo per essere usufruite. Da questo punto di
vista qui sì che il lavoro del metereologo è stressante, è una gara ad arrivare
sempre prima all’utente nei confronti dell’informazione che si dà. A poco
servirebbe dire “fra due ore ci sarà l’alluvione”. Siamo tutti contenti se
riusciamo a dirlo “fra due, tre giorni” in modo che ci sia il Tempo per agire»
Tutta questa attenzione odierna alle
previsioni meteo denotano forse che l’uomo ha paura di catastrofi, di
nubifragi, di alluvioni, cioè di fenomeni naturali che non può controllare?
«Certo,
anche se io non la ridurrei solo a questo motivo. Come al solito nei fenomeni
sociali la complessità è molto più elevata di come noi la possiamo ridurre ad
una battuta.
Penso
che oggi la meteorologia venga in qualche modo osservata per tanti motivi. In
mezzo ci può essere anche la fascia di persone psicologicamente un po’ più
deboli che ha bisogno di rassicurazioni, ma che ritengo marginale. Invece
secondo me oggi c’è anche tanta gente che usa la meteorologia esattamente come
oggi si può usare la prevenzione in medicina, come si possono usare tante altre
cose che la tecnologia ci ha messo a disposizione.
Non
lo vedrei come un approccio morboso, ma come un approccio utilitaristico. Si
usa la meteorologia nelle cose più svariate, dalle vacanze alla
professionalità, semplicemente perché mi serve per migliorare il mio tenore di
vita: posso scegliere che abito mettere, scegliere se uscire in bicicletta o in
autobus, se spendere un carissimo week-end al mare ma forse è bene che me ne
stia a casa perché tanto pioverà. Sono tutte scelte razionali»
Veniamo ad un Tempo che la riguardano più
personalmente. Ad esempio che rapporti ha con l’età, con gli anni che passano,
con l’invecchiamento? Sa che ci sono persone che stanno studiando come far
allungare la vita fino a cento-centoventi anni?
«Mi
fa ribrezzo, mi fa ribrezzo. Siamo esseri umani con una vita biologicamente
programmata: mi limito quindi a pensare di stare all’interno di quello che da
qualche migliaio di anni, nella cultura occidentale, è una vita che, speriamo,
senza malattie. Poi quando è il momento si finisce»
Ha paura di invecchiare?
«Per
il momento non me lo domando, non è un problema che mi tocca. Ho talmente tante
cose da fare più importanti per cui non mi interessa»
Dunque l’elisir di lunga vita a lei non
interessa?
«No,
anche perché ritengo che sia biologicamente corretto rispettare il ciclo
naturale…A ognuno i suoi tempi!»
(1) S. Minardi, “I meteomaniaci” in L’Espresso del 5/2/2009 p. 134
(2) E. Bianchi, “Il pane di
ieri” , Einaudi editore 2008, p. 16
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