mercoledì 14 novembre 2012


>> E’ Tempo di festa o di vacanza? <<

(11^ puntata)






«Il termine vacanze evoca il vuoto, ciò che è vacante, che è disponibile. Ma spesso ciò che è vacante, che è vuoto, fa paura. Ed ecco allora che le vacanze si riempiono di attività, di cose da fare, o da vedere: un’esposizione da visitare, un’attività sportiva da svolgere, un libro che bisogna aver letto. Per paura di che cosa?
Il saggio Lao-Tse, cinese, del VI secolo avanti Cristo, ha pronunciato un elogio del vuoto: “ Trenta raggi convergono nel mozzo, ma è il vuoto tra di loro che fa avanzare il carro. Il vaso è fatto d’argilla, ma è il vuoto al suo interno che lo rende utilizzabile. Muri e tetto e porte e finestre costituiscono la casa, ma è il vuoto della camera che permette di abitarci”.
Le vacanze ridanno spazio al vuoto e perciò costituicono un’occasione per recuperare il giusto ritmo. Ritrovare il vuoto delle vacanze significa prendersi il tempo di fermarsi, di riposare, di stare in silenzio. Significa recuperare la dimensione della contemplazione, della lentezza. Ridare importanza all’incontro, al ricordo, alla memoria, alla riparazione. Anche alla meditazione. E perché no, anche alla preghiera. Quando l’agitazione prende il sopravvento, quando le pagine dell’agenda non sono più sufficienti per notare tutti gli appuntamenti, tutte le scadenze, tutto ciò che dobbiamo fare, tutti i nostri compiti, quando non leggiamo più per il piacere di farlo, ma per necessità di lavoro, quando non riusciamo più a ritrovare il silenzio e la nostra vita spirituale si riduce a poche, sporadiche e distratte parentesi, significa che abbiamo urgente bisogno di una vacanza. E soprattutto del vuoto che essa offre e contiene»(1).

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Marco si trovò a pensare così…

Cosa servono le feste. Non so che farmene della festa. Fosse per me, le abolirei tutte; quand’è festa non so mai cosa fare. Unico lato positivo: non si va a scuola. D’estate però non c’è neanche questo vantaggio, perché tanto non si va a scuola neanche gli altri giorni. A cosa servono le feste?
Non penso sia una questione di fantasia; è che proprio non ne capisco l’utilità. I giorni di festa sono come gli altri, al massimo i miei litigano un po’ di più … tutto qui. Il pranzo della festa è come tutti gli altri giorni: i dolci, di solito ce ne sono anche durante la settimana, basta aprire il frigorifero. Sono quelli comprati, e a me sembrano quasi tutti uguali. Gli abiti della festa nessuno li usa a casa mia, anzi è l’unico giorno in cui papà è senza cravatta, si mette più comodo che può e si piazza davanti alla TV, magari dopo aver bevuto del buon vino. Questo per lui è fare festa! Mamma qualche volta va a Messa, ma non si veste bene, “tanto non ne vale la pena”; per quelle quattro donnette che ci sono in Chiesa. Solo se il papà la portasse fuori, allora sì, si metterebbe bene o se magari venissero gli amici (succede pochissime volte).
Le feste dovrebbero essere abolite.
Quando ho iniziato a protestare mi hanno comprato il motorino, “Così troverai amici”, hanno detto. Ma dove sono? Per infinite domeniche fino quasi ai quindici anni mi hanno parcheggiato dalla nonna, finché era viva, tutte le domeniche, pranzo compreso, adesso dove li trovo gli amici?
Ho tentato di girare per le vie del mio paese con il motorino, giri su giri, forse avrei trovato qualche altro strampalato come me che gira a vuoto chiedendosi: “Ma gli altri come passano le feste?”.

Interessante notare come questo ragazzino adolescente, di cui ho riportato la sua testimonianza anonima, si interroghi sul significato del tempo per la festa, sul significato che oggigiorno diamo alle giornate di festa come, ad esempio, la domenica. Arrivando a dire addirittura che abolirebbe le feste perché non ne capisce l’utilità: sembrerebbe essere per Marco una noia. Noia testimoniata anche dai genitori in quanto sua madre dice che, anche se qualche volta va alla Messa domenicale non si veste bene, non si veste “a festa” come facevano una volta i nostri nonni. Si vestirebbe bene solo ed esclusivamente se suo marito magari la invitasse ad andare a cena fuori. Lì si che sarebbe la vera festa per lei.
E Marco invece non sa come occupare il suo momento di festa domenicale ed allora ecco giri su giri in motorino per sprecare benzina e soldi per riempire quel vuoto di una domenica qualunque di noia dei nostri ragazzi.
Interessante anche notare come ci sia una distinzione in Marco del momento di festa che capita una tantum od una volta la settimana e l’estate che, come noto, per gli studenti è festa tutti i giorni perché le vacanze estive durano due mesi e mezzo. E quindi se d’inverno nei giorni di festa non si va a scuola, d’estate non si va a scuola neanche gli altri giorni.

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Per i ragazzi è difficile fare la distinzione tra tempo di festa e tempo di vacanza. Anche per gli adulti è necessario distinguere tra tempo di vacanza, di ozio e di riposo.


E’ altresì difficile non cadere per i nostri adolescenti in una sorta di noia nei momenti delle cosiddette “feste comandate”. Lo si capisce bene dal discorso del ragazzo di cui sopra: occorre un riempitivo per i momenti di vuoto in cui i giovani di oggi si trovano a vivere. E quindi è sempre più rischioso per loro scivolare in quei “riempitivi” che sono, ad esempio, gli atti di vandalismo fatti senza rendersi conto di ciò che si fa (esempio: i sassi gettati dal cavalcavia oppure le devastazioni e gli allagamenti fatti ai danni di strutture pubbliche come gli edifici scolastici “per passare il tempo” essi dicono).
Oppure quel tempo di festa e di vacanza, come ad esempio il sabato sera, trascorso nello sballo più pazzesco che , con magari l’aiuto di sostanze quali droghe e alcool in un mix con musiche sparate a tutto volume, rendono più divertente in discoteca lo sballo fino a tarda notte. Per poi passare la giornata di domenica, festa per antonomasia nel nostro calendario civile, regolarmente a dormire a letto per tutta la giornata per riprendersi dall’ubriacatura della sera precedente.
E qui Elisabetta, ragazza adolescente, ci spiega a grandi linee come un sabato sera si sia divertita a fare festa in discoteca. Sentiamola:

Elisabetta si trovò a pensare così…

Yahoo, come mi sono divertita. Che sballo!
Aveva ragione Miriam. La discoteca è il luogo per eccellenza del divertimento. Finalmente i miei mi hanno dato l’autorizzazione: sabato sera ci sono stata.
Assieme a Miriam ci siamo recati alla discoteca più “in” della nostra regione; lei era molto esperta e disinvolta, si vedeva che era una veterana. Sapeva tutto del locale, si muoveva come a casa sua. Per ballare non avevo problemi, ma era tutto il resto che non mi era familiare: la musica a tutto volume, le luci e la confusione. Era come essere in un frullatore: bellissimo, un’esperienza da ripetere.

In un primo momento ti senti stordita, è vero: ma poi ti passa ed entri a far parte del popolo delle discoteche. La musica ritmica ti fa muovere, ti fa sentire un tutt’uno con gli altri. Se hai problemi di carattere non ci sono problemi: birra e pasticche, così ti senti più leggera. E mentre qualcuno ti tocca un po’, non importa, fa parte della festa, del divertimento. Senti il tuo corpo scatenato, libero, molto leggero. La sensazione è quella d’essere “fuori”, l’atmosfera diventa surreale. Mi sono dimenticata di tutto: problemi scolastici, le “pare” (litigi) dei miei … tutto era molto più bello, più eccitante. Il ritorno è un po’ duro, ma ne valeva la pena. La domenica mattina, però, la devi passare a letto per smaltire quel senso di stordimento che ti tiri dietro. I genitori “rompono”: cosa hai fatto, con chi eri, hai bevuto, ecc…che palle!

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E’ invece importante capire che c’è un tempo per il lavoro, la produttività umana ed un tempo per la vacanza. Quelle che una volta si chiamavano ferie, le trascorriamo al mare o in montagna o a casa a riposarsi almeno per un mese a seconda dei contratti lavorativi lontano dalla fabbrica, dall’ufficio o dalla scuola (per gli studenti ed i professori). Se un tempo erano vacanze estive con tempistiche lunghe «che si concludevano soltanto con i primi temporali di settembre»(2).
E poi per gli studenti c’era la scuola che ricominciava. Una volta ad ottobre, oggi nella prima metà di settembre, pronti a guardare attentamente il calendario scolastico in attesa delle prime vacanze dalle lezioni.
Ci sono solo rimasti i fine settimana di festa che, per qualche studente, contemplano anche la giornata del sabato, mentre per altri vi è solo la domenica. Spesso questa parentesi breve fra le settimane lavorative coincide con il tempo libero dei genitori e che viene sfruttato per il meglio: d’inverno grandi sciate in montagna «o semplicemente una boccata d’aria respirabile prima di tornare nell’effetto serra delle metropoli»(3).
E quei fine settimana (che, all’americana, si dicono weekend) diventano sempre più simili a giornate lavorative, visto lo stesso stress delle interminabili code di ore per raggiungere, appunto, lo skilift della montagna fuori dalla metropoli dove si abita. E quindi si ripete lo stesso meccanismo del traffico cittadino, questa volta però tutto trasportato in paesaggi da favola. Dove peraltro oggigiorno – grazie alle nuove tecnologie - si può anche essere reperibili sempre, sia col telefonino che via mail. Infatti, «se qualche decennio fa il periodo vacanziero equivaleva a un modo di ricaricare corpo e spirito, oggi la vacanza (…) non sembra altro che un’appendice del lavoro»(4).
Così come un tempo le grandi fabbriche (come ad esempio la Fiat nda) chiudevano sempre il solito mese estivo e tutti andavano in ferie in contemporanea, rallentando la vita anche nelle grandi città, oggi invece «dal cuore di metropoli che hanno deciso di non fermarsi partono telefonate, e-mail, sms verso spiagge greche o turche, provocando risposte e decisioni. Una volta il tempo del riposo era sacro e inviolabile»(5).
Se consideriamo poi che portarsi computer e cellulari in vacanza viene anche pubblicizzato in tv da multinazionali della comunicazione che ti dicono che, grazie al wi-fi ed a una chiavetta magica da inserire nel tuo pc puoi navigare e leggere la posta anche in spiaggia, con tanto di ragazze sexy in costume da bagno che attorno a te nella sabbia giocano a beach-volley, non stupiamoci poi che uomini e donne manager non staccano mai la spina «con il risultato di stressare il corpo e la mente»(6) come ci ricorda Enzo di Frenna, giornalista e presidente della onlus Netdipendenza. 



Pensate che per queste persone negli Stati Uniti sono stati inventati dei programmi di disintossicazione, con vere e proprie vacanze e momenti di relax pensate per i cosiddetti “tecno-stressati” affinché riescano a «costruire un rapporto sano con la tecnologia e il lavoro»(7). Un esperimento di un corso in tal senso si è tenuto nell’estate 2008 tra i boschi della Toscana con esercizi in acqua, passeggiate, attività di respirazione e sedute di yoga oltre ad altre attività per aiutare i partecipanti «ad affrontare eventuali crisi di astinenza da cellulari e mail»(8).

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E poi ci si mettono anche i negozi a non chiudere più nei giorni delle feste comandate, come si suol dire. E’ il caso, ad esempio, di un piccolo paese piemontese dove l’Ipercoop ha tenuto aperto i battenti del negozio anche il 1^ maggio del 2008, quella che da sempre in tutta Europa si chiama Festa del Lavoro. Con grande dissenso manifesto dei sindacati che fuori picchettavano e protestavano vistosamente.
E la stessa cosa si è ripetuta al 1^ maggio 2009. In quella data però non è stato il solo a tenere aperto: se n’ è aggiunto anche un altro paese piemontese che, a modo suo, ha stabilito un piccolo record: è stato l’unico Comune della Provincia di Torino ad avere due supermercati aperti (il Pam e il Gigante entrambi a poche centinaia di metri l’uno dall’altro) nel giorno dedicato alla festa dei lavoratori. Ed è stato comunque uno dei cinque centri della Provincia torinese, appunto, salito agli onori delle cronache giornalistiche per la presenza di centri commerciali ad “apertura straordinaria”, proprio cioè il 1^ maggio 2009.



Senza contare che questi centri commerciali, quel giorno così come negli altri della settimana, stanno aperti ben undici ore, mentre lo stipendio medio di un dipendente di un qualunque supermercato guadagna 900 euro al mese.
Eppure, oltre ai casi qui documentati, pochi altri (o quasi nessuno) si ribellano a questo stato di cose. Per cui gli ipermercati magari aprono dalle 9 del mattino alle 19 della sera la domenica o prima delle festività natalizie. Con magari l’assunzione con contratti a termine: per alcuni mesi dunque questo personale in più risulterà obbligato a lavorare su turni massacranti per esempio alle casse.
A Torino invece il Comune ha ceduto ai commercianti del centro cittadino: undici mesi di festivi di apertura garantita all'anno. Sì, perché «fino a ieri nell'area della Ztl (Zona a traffico limitato) allargata, più quella attorno alla Gran Madre, i negozio potevano rimanere aperti da aprile fino ad ottobre compresi, ora invece serrande alzate per chi vuole da marzo a novembre. Poi si aggiungono le domeniche extra per lo shopping natalizio e quelle, a gennaio, per i saldi invernali»(9).
Di questa deroga torinese pare che ne approfittino, secondo i dati comunali, «circa il 20-25 per cento, in pratica un negozio su quattro tiene aperto in una fascia oraria della domenica nell'area centrale, soprattutto le catene. A Venezia e Firenze la media è molto più alta: si arriva al 45 per cento»(10).
Ormai a queste aperture ci siamo ahinoi abituati, sono prassi comune a tutti questi grandi magazzini, aperture che hanno avuto anche il parere favorevole dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato espresso il 31 marzo 2008 che ha fatto sapere che «per favorire la concorrenza tra esercizi commerciali, a tutto vantaggio dei consumatori, i negozianti possono decidere di tenere aperti il proprio negozio anche nei giorni festivi»(11). Questo parere viene «dopo che alcuni esercizi di Roma sono stati multati perché aperti il giorno di Pasquetta, contrariamente a quanto stabilito da un’ordinanza comunale»(12). Tra le motivazioni portate dall’Autorità garante vi è quella del turismo, cioè che «in tutti i Comuni a economia prevalentemente turistica e nelle città d’arte i negozianti devono avere la possibilità di svolgere la loro attività anche nei giorni festivi»(13).
Eppure qualche anno fa in una via centrale di Torino, durante le feste natalizie, era comparso un lenzuolo con frasi di protesta di alcune commesse rimaste anonime contro l’apertura dei negozi del centro (non solo centri commerciali) per questo tempo di festa. Una forma di protesta che non ebbe risultati concreti.
Una opposizione, ferma ma isolata, alla decisione di tenere aperti i negozi ed in centri commerciali nelle festività di stampo cristiano e cattolico giunge dal mondo cattolico, soprattutto dalle gerarchie: viene fortemente criticata tale decisione, fatto salvo ovviamente per quei servizi di emergenza strettamente necessari come ospedali, forze dell’ordine, protezione civile che, obbligatoriamente e ovviamente, debbono tenere aperte le strutture e garantire il servizio ventiquattro ore su ventiquattro e che, per forza di cose, sono organizzate in turni lavorativi.
Anche se il cardinale di Torino, Severino Poletto ricorda che i cristiani hanno l’obbligo, secondo il  comandamento apposito, di santificare le feste e quindi il buon cattolico dovrebbe tenere abbassate le serrande del proprio negozio. Ma queste voci dai più non vengono ascoltate.
Forse che il tempo per assistere e partecipare alle celebrazioni domenicali od alle funzioni natalizie e pasquali, per chi è credente, sono meno importanti dello shopping natalizio effettuato la domenica precedente il 25 dicembre? E’ proprio necessario questo consumismo esasperato anche in un tempo di festa? Forse che anche quei lavoratori dei supermercati non hanno diritto ad avere un tempo fare festa con la loro famiglia nelle cosiddette feste comandate?
Eppure, anche se la crisi economica attanaglia il settore del commercio, qualcuno tra i sindacalisti che cercano di tutelare i commessi dei negozi dice che il riposo dei lavoratori andrebbe rispettato, che anche queste persone che lavorano nell’ambito del commercio debbono poter coltivare i loro affetti e divertimenti, debbono poter seguire le loro inclinazioni religiose.
Ha forse ragione un prete ortodosso di un paesino vicino Varsavia a sostenere che «Da quando siamo nell’Unione europea il tempo non c’è più»(14)?


(1) Tratto dalla Newsletter Ecumenici del 9/7/2009

(2)     E. Berselli, “Purchè siano brevi” , in La Repubblica del 12/8/2008
(3)     Ibidem
(4)      Ibidem
(5)      Ibidem
(6)      A. Longo, “Per chi in ferie non stacca (né il pc né il telefonino)”, in Il Venerdì di Repubblica del 15/8/2008
(7)      Ibidem
(8)      Ibidem
(9)     d. lon. “Negozi aperti di domenica via libera 11 mesi all'anno”, in La Repubblica – cronaca di Torino del 28/10/2008
(10)    Ibidem
(11)     Altroconsumo n^ 216 del giugno 2008
(12)     Ibidem
(13)     Ibidem
(14)     P. Rumiz, “La maledizione del tempo accelerato” in La Repubblica del 25/8/2008

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