>> E’ Tempo di
festa o di vacanza? <<
(11^ puntata)
«Il
termine vacanze evoca il vuoto, ciò che è vacante, che è disponibile. Ma spesso
ciò che è vacante, che è vuoto, fa paura. Ed ecco allora che le vacanze si
riempiono di attività, di cose da fare, o da vedere: un’esposizione da
visitare, un’attività sportiva da svolgere, un libro che bisogna aver letto.
Per paura di che cosa?
Il
saggio Lao-Tse, cinese, del VI secolo avanti Cristo, ha pronunciato un elogio
del vuoto: “ Trenta raggi convergono nel mozzo, ma è il vuoto tra di loro che
fa avanzare il carro. Il vaso è fatto d’argilla, ma è il vuoto al suo interno
che lo rende utilizzabile. Muri e tetto e porte e finestre costituiscono la casa,
ma è il vuoto della camera che permette di abitarci”.
Le
vacanze ridanno spazio al vuoto e perciò costituicono un’occasione per
recuperare il giusto ritmo. Ritrovare il vuoto delle vacanze significa
prendersi il tempo di fermarsi, di riposare, di stare in silenzio. Significa
recuperare la dimensione della contemplazione, della lentezza. Ridare
importanza all’incontro, al ricordo, alla memoria, alla riparazione. Anche alla
meditazione. E perché no, anche alla preghiera. Quando l’agitazione prende il sopravvento,
quando le pagine dell’agenda non sono più sufficienti per notare tutti gli
appuntamenti, tutte le scadenze, tutto ciò che dobbiamo fare, tutti i nostri
compiti, quando non leggiamo più per il piacere di farlo, ma per necessità di
lavoro, quando non riusciamo più a ritrovare il silenzio e la nostra vita
spirituale si riduce a poche, sporadiche e distratte parentesi, significa che
abbiamo urgente bisogno di una vacanza. E soprattutto del vuoto che essa offre
e contiene»(1).
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Marco si trovò a pensare così…
Cosa servono le feste. Non so che farmene
della festa. Fosse per me, le abolirei tutte; quand’è festa non so mai cosa
fare. Unico lato positivo: non si va a scuola. D’estate però non c’è neanche
questo vantaggio, perché tanto non si va a scuola neanche gli altri giorni. A
cosa servono le feste?
Non penso sia una questione di fantasia; è
che proprio non ne capisco l’utilità. I giorni di festa sono come gli altri, al
massimo i miei litigano un po’ di più … tutto qui. Il pranzo della festa è come
tutti gli altri giorni: i dolci, di solito ce ne sono anche durante la
settimana, basta aprire il frigorifero. Sono quelli comprati, e a me sembrano
quasi tutti uguali. Gli abiti della festa nessuno li usa a casa mia, anzi è
l’unico giorno in cui papà è senza cravatta, si mette più comodo che può e si
piazza davanti alla TV, magari dopo aver bevuto del buon vino. Questo per lui è
fare festa! Mamma qualche volta va a Messa, ma non si veste bene, “tanto non ne
vale la pena”; per quelle quattro donnette che ci sono in Chiesa. Solo se il
papà la portasse fuori, allora sì, si metterebbe bene o se magari venissero gli
amici (succede pochissime volte).
Le feste dovrebbero essere abolite.
Quando ho iniziato a protestare mi hanno
comprato il motorino, “Così troverai amici”, hanno detto. Ma dove sono? Per
infinite domeniche fino quasi ai quindici anni mi hanno parcheggiato dalla
nonna, finché era viva, tutte le domeniche, pranzo compreso, adesso dove li
trovo gli amici?
Ho tentato di girare per le vie del mio paese
con il motorino, giri su giri, forse avrei trovato qualche altro strampalato
come me che gira a vuoto chiedendosi: “Ma gli altri come passano le feste?”.
Interessante
notare come questo ragazzino adolescente, di cui ho riportato la sua
testimonianza anonima, si interroghi sul significato del tempo per la festa,
sul significato che oggigiorno diamo alle giornate di festa come, ad esempio,
la domenica. Arrivando a dire addirittura che abolirebbe le feste perché non ne
capisce l’utilità: sembrerebbe essere per Marco una noia. Noia testimoniata
anche dai genitori in quanto sua madre dice che, anche se qualche volta va alla
Messa domenicale non si veste bene, non si veste “a festa” come facevano una
volta i nostri nonni. Si vestirebbe bene solo ed esclusivamente se suo marito
magari la invitasse ad andare a cena fuori. Lì si che sarebbe la vera festa per
lei.
E
Marco invece non sa come occupare il suo momento di festa domenicale ed allora
ecco giri su giri in motorino per sprecare benzina e soldi per riempire quel
vuoto di una domenica qualunque di noia dei nostri ragazzi.
Interessante
anche notare come ci sia una distinzione in Marco del momento di festa che
capita una tantum od una volta la settimana e l’estate che, come noto, per gli
studenti è festa tutti i giorni perché le vacanze estive durano due mesi e
mezzo. E quindi se d’inverno nei giorni di festa non si va a scuola, d’estate
non si va a scuola neanche gli altri giorni.
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Per
i ragazzi è difficile fare la distinzione tra tempo di festa e tempo di
vacanza. Anche per gli adulti è necessario distinguere tra tempo di vacanza, di
ozio e di riposo.
E’
altresì difficile non cadere per i nostri adolescenti in una sorta di noia nei
momenti delle cosiddette “feste comandate”. Lo si capisce bene dal discorso del
ragazzo di cui sopra: occorre un riempitivo per i momenti di vuoto in cui i
giovani di oggi si trovano a vivere. E quindi è sempre più rischioso per loro
scivolare in quei “riempitivi” che sono, ad esempio, gli atti di vandalismo
fatti senza rendersi conto di ciò che si fa (esempio: i sassi gettati dal
cavalcavia oppure le devastazioni e gli allagamenti fatti ai danni di strutture
pubbliche come gli edifici scolastici “per passare il tempo” essi dicono).
Oppure
quel tempo di festa e di vacanza, come ad esempio il sabato sera, trascorso
nello sballo più pazzesco che , con magari l’aiuto di sostanze quali droghe e
alcool in un mix con musiche sparate a tutto volume, rendono più divertente in
discoteca lo sballo fino a tarda notte. Per poi passare la giornata di
domenica, festa per antonomasia nel nostro calendario civile, regolarmente a
dormire a letto per tutta la giornata per riprendersi dall’ubriacatura della
sera precedente.
E
qui Elisabetta, ragazza adolescente, ci spiega a grandi linee come un sabato
sera si sia divertita a fare festa in discoteca. Sentiamola:
Elisabetta si trovò a pensare così…
Yahoo, come mi sono divertita. Che sballo!
Aveva ragione Miriam. La discoteca è il
luogo per eccellenza del divertimento. Finalmente i miei mi hanno dato
l’autorizzazione: sabato sera ci sono stata.
Assieme a Miriam ci siamo recati alla
discoteca più “in” della nostra regione; lei era molto esperta e disinvolta, si
vedeva che era una veterana. Sapeva tutto del locale, si muoveva come a casa
sua. Per ballare non avevo problemi, ma era tutto il resto che non mi era
familiare: la musica a tutto volume, le luci e la confusione. Era come essere
in un frullatore: bellissimo, un’esperienza da ripetere.
In un primo momento ti senti stordita, è
vero: ma poi ti passa ed entri a far parte del popolo delle discoteche. La
musica ritmica ti fa muovere, ti fa sentire un tutt’uno con gli altri. Se hai
problemi di carattere non ci sono problemi: birra e pasticche, così ti senti
più leggera. E mentre qualcuno ti tocca un po’, non importa, fa parte della
festa, del divertimento. Senti il tuo corpo scatenato, libero, molto leggero.
La sensazione è quella d’essere “fuori”, l’atmosfera diventa surreale. Mi sono
dimenticata di tutto: problemi scolastici, le “pare” (litigi) dei miei … tutto
era molto più bello, più eccitante. Il ritorno è un po’ duro, ma ne valeva la
pena. La domenica mattina, però, la devi passare a letto per smaltire quel
senso di stordimento che ti tiri dietro. I genitori “rompono”: cosa hai fatto,
con chi eri, hai bevuto, ecc…che palle!
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E’
invece importante capire che c’è un tempo per il lavoro, la produttività umana
ed un tempo per la vacanza. Quelle che una volta si chiamavano ferie, le
trascorriamo al mare o in montagna o a casa a riposarsi almeno per un mese a
seconda dei contratti lavorativi lontano dalla fabbrica, dall’ufficio o dalla
scuola (per gli studenti ed i professori). Se un tempo erano vacanze estive con
tempistiche lunghe «che si concludevano soltanto con i primi temporali di
settembre»(2).
E
poi per gli studenti c’era la scuola che ricominciava. Una volta ad ottobre,
oggi nella prima metà di settembre, pronti a guardare attentamente il
calendario scolastico in attesa delle prime vacanze dalle lezioni.
Ci
sono solo rimasti i fine settimana di festa che, per qualche studente,
contemplano anche la giornata del sabato, mentre per altri vi è solo la
domenica. Spesso questa parentesi breve fra le settimane lavorative coincide
con il tempo libero dei genitori e che viene sfruttato per il meglio: d’inverno
grandi sciate in montagna «o semplicemente una boccata d’aria respirabile prima
di tornare nell’effetto serra delle metropoli»(3).
E
quei fine settimana (che, all’americana, si dicono weekend) diventano sempre
più simili a giornate lavorative, visto lo stesso stress delle interminabili
code di ore per raggiungere, appunto, lo skilift della montagna fuori dalla
metropoli dove si abita. E quindi si ripete lo stesso meccanismo del traffico
cittadino, questa volta però tutto trasportato in paesaggi da favola. Dove
peraltro oggigiorno – grazie alle nuove tecnologie - si può anche essere
reperibili sempre, sia col telefonino che via mail. Infatti, «se qualche
decennio fa il periodo vacanziero equivaleva a un modo di ricaricare corpo e
spirito, oggi la vacanza (…) non sembra altro che un’appendice del lavoro»(4).
Così
come un tempo le grandi fabbriche (come ad esempio la Fiat nda) chiudevano sempre
il solito mese estivo e tutti andavano in ferie in contemporanea, rallentando
la vita anche nelle grandi città, oggi invece «dal cuore di metropoli che hanno
deciso di non fermarsi partono telefonate, e-mail, sms verso spiagge greche o
turche, provocando risposte e decisioni. Una volta il tempo del riposo era
sacro e inviolabile»(5).
Se
consideriamo poi che portarsi computer e cellulari in vacanza viene anche
pubblicizzato in tv da multinazionali della comunicazione che ti dicono che,
grazie al wi-fi ed a una chiavetta magica da inserire nel tuo pc puoi navigare
e leggere la posta anche in spiaggia, con tanto di ragazze sexy in costume da
bagno che attorno a te nella sabbia giocano a beach-volley, non stupiamoci poi
che uomini e donne manager non staccano mai la spina «con il risultato di
stressare il corpo e la mente»(6) come ci ricorda Enzo di
Frenna, giornalista e presidente della onlus Netdipendenza.
Pensate che per
queste persone negli Stati Uniti sono stati inventati dei programmi di
disintossicazione, con vere e proprie vacanze e momenti di relax pensate per i
cosiddetti “tecno-stressati” affinché riescano a «costruire un rapporto sano
con la tecnologia e il lavoro»(7). Un esperimento di un
corso in tal senso si è tenuto nell’estate 2008 tra i boschi della Toscana con
esercizi in acqua, passeggiate, attività di respirazione e sedute di yoga oltre
ad altre attività per aiutare i partecipanti «ad affrontare eventuali crisi di
astinenza da cellulari e mail»(8).
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E
poi ci si mettono anche i negozi a non chiudere più nei giorni delle feste
comandate, come si suol dire. E’ il caso, ad esempio, di un piccolo paese piemontese
dove l’Ipercoop ha tenuto aperto i battenti del negozio anche il 1^ maggio del
2008, quella che da sempre in tutta Europa si chiama Festa del Lavoro. Con
grande dissenso manifesto dei sindacati che fuori picchettavano e protestavano
vistosamente.
E
la stessa cosa si è ripetuta al 1^ maggio 2009. In quella data però
non è stato il solo a tenere aperto: se n’ è aggiunto anche un altro paese
piemontese che, a modo suo, ha stabilito un piccolo record: è stato l’unico
Comune della Provincia di Torino ad avere due supermercati aperti (il Pam e il
Gigante entrambi a poche centinaia di metri l’uno dall’altro) nel giorno
dedicato alla festa dei lavoratori. Ed è stato comunque uno dei cinque centri
della Provincia torinese, appunto, salito agli onori delle cronache
giornalistiche per la presenza di centri commerciali ad “apertura
straordinaria”, proprio cioè il 1^ maggio 2009.
Senza
contare che questi centri commerciali, quel giorno così come negli altri della
settimana, stanno aperti ben undici ore, mentre lo stipendio medio di un
dipendente di un qualunque supermercato guadagna 900 euro al mese.
Eppure,
oltre ai casi qui documentati, pochi altri (o quasi nessuno) si ribellano a
questo stato di cose. Per cui gli ipermercati magari aprono dalle 9 del mattino
alle 19 della sera la domenica o prima delle festività natalizie. Con magari
l’assunzione con contratti a termine: per alcuni mesi dunque questo personale
in più risulterà obbligato a lavorare su turni massacranti per esempio alle
casse.
A
Torino invece il Comune ha ceduto ai commercianti del centro cittadino: undici
mesi di festivi di apertura garantita all'anno. Sì, perché «fino a ieri
nell'area della Ztl (Zona a traffico limitato) allargata, più quella attorno
alla Gran Madre, i negozio potevano rimanere aperti da aprile fino ad ottobre
compresi, ora invece serrande alzate per chi vuole da marzo a novembre. Poi si
aggiungono le domeniche extra per lo shopping natalizio e quelle, a gennaio,
per i saldi invernali»(9).
Di
questa deroga torinese pare che ne approfittino, secondo i dati comunali,
«circa il 20-25 per cento, in pratica un negozio su quattro tiene aperto in una
fascia oraria della domenica nell'area centrale, soprattutto le catene. A
Venezia e Firenze la media è molto più alta: si arriva al 45 per cento»(10).
Ormai
a queste aperture ci siamo ahinoi abituati, sono prassi comune a tutti questi
grandi magazzini, aperture che hanno avuto anche il parere favorevole
dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato espresso il 31 marzo 2008
che ha fatto sapere che «per favorire la concorrenza tra esercizi commerciali,
a tutto vantaggio dei consumatori, i negozianti possono decidere di tenere
aperti il proprio negozio anche nei giorni festivi»(11).
Questo parere viene «dopo che alcuni esercizi di Roma sono stati multati perché
aperti il giorno di Pasquetta, contrariamente a quanto stabilito da
un’ordinanza comunale»(12).
Tra le motivazioni portate dall’Autorità garante vi è quella del turismo, cioè
che «in tutti i Comuni a economia prevalentemente turistica e nelle città
d’arte i negozianti devono avere la possibilità di svolgere la loro attività
anche nei giorni festivi»(13).
Eppure
qualche anno fa in una via centrale di Torino, durante le feste natalizie, era
comparso un lenzuolo con frasi di protesta di alcune commesse rimaste anonime
contro l’apertura dei negozi del centro (non solo centri commerciali) per
questo tempo di festa. Una forma di protesta che non ebbe risultati concreti.
Una
opposizione, ferma ma isolata, alla decisione di tenere aperti i negozi ed in
centri commerciali nelle festività di stampo cristiano e cattolico giunge dal
mondo cattolico, soprattutto dalle gerarchie: viene fortemente criticata tale
decisione, fatto salvo ovviamente per quei servizi di emergenza strettamente
necessari come ospedali, forze dell’ordine, protezione civile che,
obbligatoriamente e ovviamente, debbono tenere aperte le strutture e garantire
il servizio ventiquattro ore su ventiquattro e che, per forza di cose, sono
organizzate in turni lavorativi.
Anche
se il cardinale di Torino, Severino Poletto ricorda che i cristiani hanno
l’obbligo, secondo il comandamento
apposito, di santificare le feste e quindi il buon cattolico dovrebbe tenere
abbassate le serrande del proprio negozio. Ma queste voci dai più non vengono
ascoltate.
Forse
che il tempo per assistere e partecipare alle celebrazioni domenicali od alle
funzioni natalizie e pasquali, per chi è credente, sono meno importanti dello
shopping natalizio effettuato la domenica precedente il 25 dicembre? E’ proprio
necessario questo consumismo esasperato anche in un tempo di festa? Forse che
anche quei lavoratori dei supermercati non hanno diritto ad avere un tempo fare
festa con la loro famiglia nelle cosiddette feste comandate?
Eppure,
anche se la crisi economica attanaglia il settore del commercio, qualcuno tra i
sindacalisti che cercano di tutelare i commessi dei negozi dice che il riposo
dei lavoratori andrebbe rispettato, che anche queste persone che lavorano
nell’ambito del commercio debbono poter coltivare i loro affetti e
divertimenti, debbono poter seguire le loro inclinazioni religiose.
Ha
forse ragione un prete ortodosso di un paesino vicino Varsavia a sostenere che
«Da quando siamo nell’Unione europea il tempo non c’è più»(14)?
(1) Tratto dalla Newsletter Ecumenici del 9/7/2009
(2) E. Berselli, “Purchè
siano brevi” , in La Repubblica del
12/8/2008
(3) Ibidem
(4) Ibidem
(5) Ibidem
(6) A. Longo, “Per chi in
ferie non stacca (né il pc né il telefonino)”, in Il Venerdì di Repubblica del 15/8/2008
(7) Ibidem
(8) Ibidem
(9) d. lon. “Negozi aperti di
domenica via libera 11 mesi all'anno”, in La
Repubblica – cronaca di Torino del 28/10/2008
(10) Ibidem
(11) Altroconsumo n^ 216
del giugno 2008
(12) Ibidem
(13) Ibidem
(14) P. Rumiz, “La maledizione
del tempo accelerato” in La Repubblica del 25/8/2008
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